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La maternità come stato psichico

Gravidanza e depressione post partum

“Non esiste una madre perfetta ma una madre sufficientemente buona”.
D. Winnicott

La maternità come stato psichico

La gravidanza, nelle sue varie fasi fino al parto, rappresenta un’esperienza di crisi potenziale, dalla quale nascerà una nuova identità femminile.

La dilatazione che accompagna il corpo durante la gravidanza deve avvenire anche a livello psichico: la donna deve far nascere un bambino, ma deve nascere anche lei come madre. (cfr. Imbasciati, 1979, p. 107) L’attesa insita in questa fase è “fitta di pensieri e di fantasmi”, (cit. M. Recalcati, 2015) di desideri e paure.

Le fasi simboliche della gravidanza

Nelle gravidanze vissute in modo normale, non patologico, si passa dal vissuto di’ “essere incinta” a quello di “aspettare un bambino”. Il termine “aspettare” descrive una fase attiva, dinamica, di creazione di uno spazio interno, fisico e psichico.

Il “lavoro della gravidanza” (Brazelton, Cramer), inteso come quel processo psicologico di adattamento alla nuova condizione e di elaborazione dei cambiamenti rispetto alla fase di vita precedente, può essere distinto in tre fasi corrispondenti a diversi stadi dello sviluppo fetale.

  • La prima fase è caratterizzata da una totale dimensione fusiva tra il feto e la madre, tale fase sarà il preludio alle successive modificazioni corporee, alla creazione dell’immagine del bambino ed infine alla separazione da lui. (cfr. Capello, Vacchino, 1985, p. 59) La madre rivivrà la sua infanzia e svilupperà sentimenti ambivalenti nei confronti del feto.
  • Durante il secondo trimestre della gravidanza vi è l’apparizione dei primi movimenti fetali: questo implica la prima percezione concreta, fisica, dell’esistenza del bambino, che si pone come relativamente autonomo dalla madre. Questo porterà ad instaurare un inizio di relazione affettiva.
  • Nel terzo trimestre il bambino viene vissuto sempre di più come un soggetto capace di interagire e la madre svilupperà il suo attaccamento.

 

Il periodo finale della gravidanza è caratterizzato dalla riattivazione dell’ambivalenza circa il trattenere e l’espellere. Le gratificazioni narcisistiche della relazione fusionale madre-bambino devono lasciare spazio al desiderio oggettuale di vederlo nascere.

Il parto racchiude una notevole carica ansiogena e rappresenta inevitabilmente, a livello inconscio, un trauma, una rottura, ma anche un nuovo inizio.

Donald Winnicott parla di “preoccupazione materna primaria” riferendosi a quel particolare stato psichico che si sviluppa a poco a poco durante la gravidanza e persiste fino ad alcuni mesi dopo il parto, caratterizzato da una sorta di ritiro, di “devozione” nei confronti del bambino, di elevata sensibilità, che permette alla madre di identificarsi con il figlio, di sintonizzarsi con lui, consentendogli di fare esperienza di un ambiente protettivo e recettivo dei suoi bisogni. (cfr. Winnicott, 1958, tr. It. 1991, p. 359)

Le fasi simboliche della gravidanza

La depressione post partum è una delle diverse configurazioni che può assumere la sofferenza psicologica della donna nel puerperio. Si stima che colpisca circa il 10/15% delle puerpere. E’ necessario distinguerla dal baby blues, cioè un insieme di leggeri sintomi depressivi che le neo mamme sperimentano nei primi giorni dopo il parto e che, solitamente, tendono a risolversi spontaneamente nel giro di 2-3 settimane. Bisogna sottolineare che questa forma di disagio non impedisce alla madre di prendersi cura del bambino, ma rappresenta una risposta fisiologica ai cambiamenti ormonali ed identitari in atto.

Per depressione post partum, intendiamo invece un disturbo depressivo che inizia o si estende nel periodo post partum, caratterizzato da un quadro sintomatologico sovrapponibile a quello di un episodio depressivo che si manifesti in altri periodi della vita.

Uno studio transculturale del 2004 (Transcultural Study of Postnatal Depression) ha evidenziato che il disagio depressivo legato al post partum è presente anche in paesi lontani e culturalmente diversi da quelli occidentali.

I sintomi che si manifestano con maggiore frequenza sono:

  • umore depresso,
  • tristezza,
  • ansia,
  • tensione,
  • pianto,
  • bassi livelli di energia,
  • perdita di interesse,
  • stanchezza,
  • disturbi del sonno e dell’appetito,
  • eccessivi sensi di colpa,
  • autosvalorizzazione,
  • eccessive preoccupazioni per la salute del bambino oppure distacco e disinteresse.

Nel post partum la neo madre è chiamata ad un lavoro di inclusione del bambino nella sua organizzazione psichica.

Un fattore di grande rilevanza in questa fase è rappresentato dal rapporto con il partner. Il periodo che segue la nascita di un figlio è un periodo di aggiustamento fisiologico della coppia, dove entrambi i componenti, sono chiamati ad una riorganizzazione psichica e di ruolo. Il ruolo del padre si caratterizza soprattutto per il sostegno al lavoro della maternità e del primo legame madre-bambino. Il padre deve farsi “contenitore” delle ansie legate al ruolo materno.

Altro fattore significativo nel post partum è quello del supporto sociale alla madre. Come scrive Bydlowski: “Una donna non può vivere da sola la propria maternità. Nonostante si tratti di un’esperienza prevalentemente individuale, essa necessita della collaborazione e del calore di altre donne: madre, sorelle, cugine, colleghe, donne cioè che rappresentino sia la realtà attuale che il riferimento al passato.” (Bydlowki, 2004, p.22)

E’ di fondamentale importanza che la depressione post partum venga tempestivamente riconosciuta e trattata, a beneficio della neo madre ma anche del neonato, in quanto la qualità della loro relazione influirà fortemente sulla sua futura strutturazione cognitiva ed emotiva.

Ritengo sia necessario abbandonare quella idealizzazione socialmente diffusa sul tema della maternità, descritta solamente nei suoi aspetti positivi e che venga intesa come un processo complesso, sfaccettato, dove accanto alla magia di una nuova vita che si affaccia al mondo, si contemplino tutte le difficoltà e sfide, concrete ed emotive, che una neo madre deve affrontare.

La psicoterapia è uno strumento prezioso che può aiutare la donna ad analizzare le sue emozioni, fantasie e percezioni riguardo alla maternità. Spesso vi sono in campo conflitti passati irrisolti con le proprie figure genitoriali che vanno rivisti e ripensati.

E’ necessario fornire alle neo mamme un ascolto che permetta di rinarrare, ricontestualizzare e quindi trasformare l’esperienza della maternità psichica.

Riferimenti bibliografici

  • Brazelton T.B., Cramer B., The earliest relationship: parents, infants and the drama of early attachment., Karnac Books, Londra, 1990
  • Bydlowsky M, Sognare un figlio. L’esperienza interiore della maternità, Pendragon, Bologna, 2000 (trad. it. 2000)
  • Capello C., Vacchino R., Sessualità femminile e istituzioni sociali, ETS, Pisa, 1985
  • Imbasciati A. (a cura di), Psicoanalisi e femminilità, Franco Angeli Editore, Milano, 1996
  • Lucattini A., Depressione post partum: come affrontarla e curarla, intervista Mediterraneotoday, 22//22 (sul sito Spiweb)
  • Recalcati M., Le mani della madre, Feltrinelli, Milano, 2015
  • Monti F., Agostini F., La depressione post natale, Carocci Editore, Roma, 2006
  • Pazzagli A., Benvenuti P., Rossi Monti M., Maternità come crisi, Il pensiero scientifico, Roma, 1981
  • Winnicott D.W, Dalla pediatria alla psicoanalisi, Martinelli e C., Firenze, 1958 (trad. it. 1991)